I Ricordi di Luigi Burgo, pubblicati postumi, non contengono alcun riferi- mento al suo contributo alla vita culturale della provincia. è pur vero che si tratta dell’opera di una persona quasi novantenne (l’autore era nato in una frazione del comune ligure di Moneglia nel 1876, morirà a Torino l’8 marzo 1964), anzi, nella sostanza, della conversione in autobiografia dei dossier difensivi presen- tati all’Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo. Questo spiega come gran parte della narrazione sia dedicata alle realizzazioni economiche del protagonista. La sua stessa formazione, maturata fra l’Istituto tecnico di Chiava- ri, la Svizzera e l’Inghilterra (laurea in ingegneria elettrotecnica a Londra), con un’apertura mentale maturata nei soggiorni all’estero e nella dimestichezza con le lingue straniere, è ricordata per rapidi cenni. Domina la scena innanzi tutto la nascita dello stabilimento di Verzuolo (1905), geniale intuizione delle potenziali- tà racchiuse nell’energia elettrica, sottoutilizzata negli impianti di illuminazione, preziosa forza motrice per le fabbriche. La produzione della cartiera crebbe im- petuosamente fino alla crisi del ’20-’22, che fu superata non senza aspri conflitti sociali puntualmente rimossi dalla ricostruzione dei Ricordi.
Proprio al termine di quella difficile riconversione postbellica l’ing. Enrico Pirola, titolare della cartiera di Corsico, da tempo in rapporti di partenariato con Burgo, si ritirava «a vita privata», cedendogli non solo lo stabilimento milanese, ma anche una fabbrica di pastalegno a Pavia e un’azienda agricola ad Abbiate- grasso. Era appena il 1923 e Burgo copriva ormai 1’80% della produzione ita- liana di carta da giornale. Dipendevano dai suoi rifornimenti «La Stampa», «La Gazzetta del popolo», «Il Corriere della sera», ma anche giornali francesi come il «Petit Parisien» e la «Tribune de Saint-Etienne»; a maggior ragione la stampa di provincia, che si avviava ad essere monotonamente fascista. Nel medesimo torno di tempo cadeva l’acquisto di una fabbrica di cellulosa a Pöls, nel cuore delle foreste austriache.
L’ascesa di Burgo proseguì negli anni Trenta, favorita dalle difficoltà in cui si dibattevano i concorrenti minori. Nel luglio del ’31, egli assorbiva le cartiere Re-ali, Vonwiller e Maslianico, per un totale di otto stabilimenti localizzati a Treviso (tre nelle frazioni Migagnola, Ovano e Vecil), Romagnano, Mantova, Folla, Ma- raino e Lugo Vicentino, tre fabbriche di cellulosa, due di pastalegno, due di sac- chi e dodici centrali idroelettriche, toccando i 5.400 dipendenti e contribuendo per oltre un quarto all’intera produzione cartaria italiana. Il gruppo, ormai leader in patria e sesto in Europa, si consolidò con la costruzione nel 1938 a Madonna dell’Olmo di Cuneo della CELDIT (Cellulosa d’Italia). Alla vigilia del secondo conflitto mondiale gli addetti ai vari complessi si avvicinavano ai 10 mila.
Tutti questi successi sono puntigliosamente ricordati dal loro artefice, che rivendica per sé la qualifica esclusiva di imprenditore. Al contrario le cariche so- ciali e politiche sono sottaciute oppure presentate come un atto dovuto o subito: eppure si tratta di un cursus honorum rilevante (presidente dell’Unione indu- striale fascista di Cuneo nel 1929, vicepresidente del Consiglio provinciale dell’e- conomia corporativa, garante editoriale del pnF, senatore del Regno nel 1939). Silenzi e minimizzazioni non stupiscono: le drammatiche vicende consumatesi fra il 25 luglio 1943 e la Liberazione esposero Burgo prima ai rigori del Tribunale speciale della RSI per via dell’affare Cavallero, poi ai provvedimenti epurativi del cln e del governo democratico a causa dei passati legami con il regime.
Il memoriale steso per discolparsi dall’accusa di sostegno al complotto ba- dogliano elenca tutti i meriti che Burgo poteva vantare nei confronti del pnF, compresa la precorritrice lega “Difesa – Ordine – Lavoro” fondata nel marzo 1920 per combattere scioperi e occupazioni. Nei Ricordi per converso sono pun- tualizzati i cospicui finanziamenti elargiti ad alcune formazioni partigiane. Ma in nessuno dei due scritti è fatta menzione della Società per gli Studi Storici di cui Burgo fu socio fondatore e primo presidente. Né fu per parte sua una carica prettamente onorifica o una forma di gratitudine per le risorse messe a disposi- zione del sodalizio (carta e tipografia SASTE). L’impegno profuso nella ricerca e acquisizione dei manoscritti musicali di Bartolomeo Bruni dimostra la solidità di una cultura non dilettantesca. Burgo iniziò altresì la raccolta di documenti e reperti che dovevano servire alla formazione di un museo della carta, materiale disperso in parte dalle vicissitudini del periodo bellico, in parte dall’ascesa ai ver- tici dirigenziali di banchieri avulsi dalla storia dell’azienda. Furono quegli stessi finanzieri che si rifiutarono di reintegrare l’ingegnere in ruoli decisionali dopo l’assoluzione dell’Alta corte.
Dell’attività di Burgo mecenate si ricordano anche il sostegno prestato al pittore Matteo Olivero, l’istituzione in Verzuolo di una biblioteca e di un cine- ma-teatro aziendale, la pubblicazione della rivista «Subalpina». La maggior parte di queste iniziative si svolse in un periodo di tempo ben definito, a cavallo degli anni Trenta. Alla presidenza della Società per gli Studi Storici Burgo fu ricon- fermato nel 1933. Nel 1935 non fu disponibile neppure a far parte del direttivo: l’accentramento burocratico del fascismo aveva trasformato il sodalizio in sezio- ne staccata della Regia deputazione subalpina di storia patria.
Non esistono elementi per stabilire se tutto ciò stesse stretto a una perso- nalità forte come Burgo o se semplicemente il momento più intenso della sua partecipazione alla vita sociale della provincia fosse passato.